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Museo Nazionale
Etrusco
Il Museo Civico di Viterbo ha sede nel complesso monumentale di Santa Maria della Verità, fondato nel XII secolo e ristrutturato intorno alla metà del Trecento dai padri Serviti che ne erano divenuti titolari. A differenza di altre città che crearono i musei civici solo dopo l’unità d’italia, Viterbo per prima, sin dalla fine del Quattrocento, cominciò a raccogliere reperti etruschi per esporli al pubblico. Ed è proprio dedicata alla nascita del collezionismo la stanza accanto alla biglietteria. La prima collezione di reperti autentici e falsi, si deve allo studioso Giovanni Nanni, detto Annio da Viterbo, un monaco domenicano vissuto ai tempi di papa Alessandro VI Borgia, che la creò a supporto delle proprie teorie sull’antichissima origine della città di Viterbo. Risalgono al Quattrocento la sovrapposizione di un loggiato al chiostro gotico ed il ciclo degli affreschi dipinto da Lorenzo da Viterbo (1444-1472) nella cappella Mazzatosta alla Verità.
Dal 1955 il museo occupa il chiostro ed i locali dell’ex convento e sviluppa il suo piano espositivo su tre livelli: il chiostro ed il refettorio dell’antico convento, le sale del primo piano e gli ambienti espositivi. Di eccezionale interesse le due tavole di Sebastiano del Piombo (1485-1547) e del Pastura (1450-ante 1516), le tele di Salvator Rosa (1615-1673), di Romanelli (1610-1662) e di Corvi (1721-1803). Al secondo piano sono esposti i bozzetti preparatori della Macchina di Santa Rosa, il cosidetto “campanile che cammmina”, alto poco meno di trenta metri, che viene annualmente portato a spalla la sera del 3 settembre. Il criterio adottato è quello cronologico: si va dai reperti dell’Età del Ferro all’Età Romana (sarcofago della Bella Galliana), fino alle testimonianze artistiche che dal medioevo giungono fino al XIX secolo.
Il Museo Civico di Viterbo si trova nel comune di Viterbo, e fin dal 1955 è stato situato nei locali del convento adiacente alla chiesa di Santa Maria della Verità, il cosiddetto Convento dei Serviti.
Ad iniziare le raccolte comunali fu Giovanni Nanni detto Annio, frate domenicano che avviò nel Quattrocento un importante processo di documentazione della città e del suo territorio, mediante il recupero e la conservazione dei reperti autentici trovati nel viterbese. Nel 1494 frate Annio rinvenì cinque sarcofagi che fece collocare nell’atrio del Palazzo Comunale. All’interno del museo troviamo anche dei falsi che servirono ad Annio per persuadere la cittadinanza sullorigine etrusca della città.
Nel 1821 presso il palazzo Comunale furono inaugurati il Museo e il Gabinetto Accademici nei quali, accanto alle raccolte di oggetti preistorici e di fossili, di antichità etrusche e romane, si conservavano anche collezioni mineralogiche ed erbari. Accanto all’antico nucleo museale vi era un lapidario, una camera dei quadri con la raccolta iconografica dei personaggi illustri del Viterbese, una sala dei busti, una camera dei paesaggi, e l’archivio dei documenti storici.
Nel 1870 molti dipinti e oggetti d’arte provenienti da chiese soppresse in seguito all’incamerazione nel demanio dello Stato di beni ecclesiastici, confluirono nei depositi comunali aumentando smisuratamente il volume e il valore delle collezioni pubbliche, arricchite ulteriormente nei decenni a seguire (soprattutto per la parte archeologica) dai doni delle collezioni di Luigi Rossi Danielli, Pio Capponi, Vincenzo Falcioni, Anselmo Anselmi. Tutte le opere vennero trasferite nell’ex chiesa di Santa Maria della Verità, inaugurata quale sede del nuovo museo nel 1912.
Il museo rimase in questa sede fino all’inizio della seconda guerra mondiale, quando molto materiale venne rimosso per sottrarlo ai bombardamenti che colpirono in effetti sia la chiesa che il convento annesso.
Nel 1955 venne ricostruito e riadattato, come nuova sede del Museo Civico, l’attiguo locale dell’ex convento, sede attuale del museo.
A causa del crollo di una parete pochi minuti prima dell’inaugurazione di una importante mostra il 25 maggio del 2005, il Museo Civico di Viterbo è rimasto chiuso al pubblico fino al 2014: il cedimento strutturale aveva interessato il tetto della pinacoteca e il chiostro.
L’attuale percorso espositivo si sviluppa su tre livelli seguendo un ordine cronologico, dai reperti dell’Età del Ferro al pianterreno ai documenti del XIX secolo esposti all’ultimo piano.
Il porticato del chiostro gotico ospita una serie di trentanove sarcofagi etruschi in nenfro, dalla tipica figura giacente sul coperchio, collocabili in un arco cronologico compreso tra il IV e il II secolo a.C. e provenienti dai centri di Musarna, Cipollaretta, Norchia e Castel d’Asso: alcuni di essi conservano, oltre alle iscrizioni etrusche che identificano tanto il defunto quanto il periodo in cui furono realizzati, tracce dei colori rosso e bianco che coprivano l’intera figura ; tracce valorizzate dalla recente mostra “Luce al colore”, realizzata grazie alla collaborazione dell’amministrazione comunale con l’Università degli Studi della Tuscia.
Al collezionismo è dedicata la sala I, in cui sono custoditi i reperti raccolti già da Annio: si conservano in questa stanza il cosiddetto Marmo osiriano, una lunetta risalente al XV secolo, sulla quale è scolpita una quercia avvinghiata da una vite e il Decreto di Desiderio, un falso attribuito allo stesso Annio, scolpito su una mezza ruota marmorea, in cui verrebbe resa nota la decisione del re di cingere con mura la città e di darle il nome di Viterbo.
Nella prima sala, corrispondente al vecchio refettorio del convento, si conservano reperti prodotti tra l’età del ferro e il periodo etrusco. Spiccano due sarcofagi in terracotta ritrovati nei luoghi in cui sorgeva l’antica città di Surina, e oggetti che restano a chiara testimonianza della ricchezza dei centri etruschi che sorsero intorno a Viterbo.
La sala II ospita la collezione privata del viterbese Luigi Rossi Danielli (cui si deve il nome del museo), donata al comune di Viterbo: la maggior parte dei reperti fu rinvenuta durante gli scavi condotti tra Musarna, Ferento e San Giuliano, ai quali partecipò lo stesso Rossi Danielli. Si conservano oggetti prodotti tra l’età del Ferro e quella romana, dai vasi d’impasto villanoviano prodotti fino al VII secolo a.C. al vasellame di bucchero, produzione tipica del periodo etrusco sviluppatasi tra il VII e il V secolo a.C. La stessa sala ospita ceramica attica a figure nere e rosse, oggetti in bronzo e in oro e strumenti legati alla vita domestica, oltre ad unguentari e lucerne di epoca tarda.
I reperti della sala III provengono in gran parte dal sito di Musarna e risalgono ad un periodo compreso tra il IV e il I secolo a.C.. Si tratta di materiale piuttosto eterogeneo ceramico e bronzeo: tra gli oggetti si ricordano uno specchio in bronzo con manico d’osso e due coperchi di sarcofagi fittili provenienti dalla località Serpepe, a ovest di Viterbo.
La sala IV ospita i sarcofagi e gli oggetti rinvenuti all’interno della tomba della Gens Salvia, scavata a Ferento nel 1919, tra i quali di notevole interesse sono un calamaio e alcune sfere di terracotta, queste ultime probabilmente utilizzare per la misurazione della temperatura nei forni.
Nella sala V, in cui sono esposti tutti reperti di età romana rinvenuti a Ferento, tra marmi, statue, iscrizioni onorarie e funebri, elementi architettonici (tutti di epoca imperiale), si segnala per curiosità il così detto Sarcofago della Bella Galiana. Si tratta di un sarcofago privo di cassa, risalente al 270 / 280 d.C., decorato da una scena di caccia; secondo la tradizione locale la cassa venne infatti utilizzata nel 1138 per la sepoltura di Galiana, una ragazza viterbese di rara bellezza
Il primo piano
La sala VI ospita opere realizzate tra il XIII e il XV secolo: tra queste la scultura della Sfinge, realizzata nel 1286 da Pasquale Romano per la tomba di Pietro di Vico, e un acquamanile zoomorfo in bronzo di XIII secolo.
La stessa sala ospita parte della pinacoteca del museo. Vi si trovano opere a soggetto prevalentemente religioso, come per esempio la bella tempera su tavola attribuita a Vitale da Bologna, proveniente dalla vicina chiesa di Santa Maria della Pace. L’opera raffigura la presentazione di un cardinale da parte di un Santo Vescovo alla Madonna e al Bambino. Degno di nota anche il grande arazzo in lana policroma e fili d’oro di XVI secolo, raffigurante un’affollata Adorazione dei Magi composta da quarantasette personaggi in tutto, tra i quali spiccano numerosi mori e cinque cammelli.
L’VIII sala del Museo Civico ospita opere realizzate dagli esponenti della così detta “scuola viterbese”, che si sviluppò nel territorio della Tuscia tra XV e XVI secolo prendendo come esempio la tradizione pittorica umbro / toscana. Tra le opere di maggior pregio si ricordano il Presepe tra i Santi Giovanni Battista e Bartolomeo, commissionato ad Antonio del Massaro, detto Il Pastura, dai coniugi Pietro e Margherita Guzzi nel 1488 e destinato alla cappella della famiglia in Santa Maria della Verità. Per secoli la paternità della tavola è stata incerta, e soltanto nel Novecento l’opera è stata attribuita al Pastura, il maggior pittore viterbese del Quattrocento. L’opera profonde all’osservatore un senso di mite poesia agreste, merito del paesaggio e del delicato raccoglimento dei personaggi, assiepati intorno al Bambino. Dello stesso artista si ricorda inoltre la tela della Madonna con Bambino tra due angeli, databile all’ultimo decennio del Quattrocento: commissionata dal nobile Nino Nini, l’opera è uno stendardo processionale. Un’altra tavola interessante è poi la Madonna con Bambino, dalle forme dolcissime, attribuita ad Antoniazzo Romano: lo stato dei bordi e l’incompiutezza dell’architettura del trono fanno pensare che l’opera sia un frammento di un dipinto più grande. Infine, è opportuno ricordare l’affresco staccato di Francesco d’Antonio Zacchi, detto il Balletta. L’opera raffigura una Madonna del cardellino, così appellata per la presenza del cardellino in grembo alla Vergine, simbolo della Passione di Cristo.
Orari di apertura:
Tutti i giorni: dalle 9:00 alle 19:00
Prezzo:
€ 6.00
Riduzioni: € 4,00 tra i 18 e i 25 anni e per docenti statali con tesserino. Disabili.
Gratuito fino a 18 anni e superiore ai 65 anni